Il primo dell'anno in carcere

    In carcere mi hanno insegnato che gli auguri non si fanno.
    Non c’è niente da festeggiare qui dicono.
    Ho trascorso l’ultimo giorno dell’anno e il primo con loro.
    C’era uno strano silenzio in un ambiente che di solito è molto rumoroso.
    Meno personale che gira e qualche cancello che si apre e si chiude.
    Qualche luce accesa dalle finestre.
    Qualche gatto che gira in cortile solitario.
    E quello strano silenzio tetro.
    Ho compilato le ultime scartoffie dell’anno. Ho chiuso la cartellina e fatto delle fotocopie.
    È sera e percorro il corridoio con le luci al neon che riflettono sulle porte di ferro color verde acqua e incontro un signore col volto segnato.
    Sta lavando il pavimento con la solita divisa da lavoro marrone almeno 3 taglie più grandi di lui.
    Alza lo sguardo un po’ dimesso e i nostri occhi si incrociano.
    Diciamo solo “Salve”, ma ci scambiamo un sorriso di speranza, che vale più di centinaia di “buon anno” con l’emoticon che leggo nel mare magnum del mondo.

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